Isee: Torino fa cassa su malati e persone con disabilità

«Cari torinesi malati e con grave disabilità, il Comune non rispetta le norme sull’Isee che sono a Vostro favore? Fatevene una ragione, perchè non vogliamo spendere un milione e mezzo di euro per integrare le vostre rette; meglio se questi soldi li prendiamo dalle vostre tasche». Questo, se dovessimo farne una brutale sintesi, il contenuto della comunicazione che l’assessore alle Politiche sociali del Comune di Torino, Jacopo Rosatelli (Sinistra ecologista), ha portato alla Commissione Sanità e politiche sociali del Comune di Torino il 6 aprile 2022, convocata dal presidente della Commissione, Vincenzo Camarda, in risposta alla richiesta di audizione della Fondazione promozione sociale onlus/Ets e dell’Utim – Unione per la tutela delle persone con disabilità intellettiva. Oggetto: il sentito tema dell’Isee.

Comune inadempiente. Il nocciolo della questione affrontata nell’incontro pubblico è stato il regolamento per la valutazione della situazione economica (Isee)  degli utenti torinesi dei servizi socio-sanitari: persone con grave disabilità intellettiva ricoverate in comunità alloggio o altre strutture residenziali e malati non autosufficienti degenti in Rsa – Residenze sanitarie assistenziali, molto spesso con Alzheimer o altre demenze.

Le regole del Comune sono state scritte nel 2012, con una delibera di Consiglio comunale dell’11 giugno, già allora contestata perché contrastante con le norme nazionali. Ma dall’entrata in vigore definitiva del nuovo Isee, anno 2016, avrebbero dovuto essere abbandonate in favore delle regole nazionali, più vantaggiose per gli utenti e le loro famiglie Nuove regole che sono, peraltro, “Livello essenziale delle prestazioni” e, quindi, nel rispetto della Costituzione, da applicare obbligatoriamente in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale.

La delibera del Comune di Torino compie 10 anni. L’Isee resta inapplicato dal 2016.

Isee inapplicato. Intendiamoci, l’Isee ha molti elementi critici per determinare la compartecipazione dell’utente alle rette in strutture residenziali: la Fondazione promozione sociale, l’Utim e questa rivista come «megafono» delle loro iniziative, proposero ricorso sia al Tar, sia al Consiglio di Stato sulla norma approvata nel 2013. La magistratura corresse alcune marchiane storture; altre rimasero valide. Ma tan’è: oggi queste sono le regole e così vanno applicate (anche da chi le reputa ingiuste e rivedibili, con atto formale dello Stato, però, non a discrezione di ogni amministrazione locale).

Cosa è successo, quindi, in questi ultimi sette anni? Che il Comune di Torino ha continuato ad applicare il suo sistema di calcolo, ovviamente più penalizzante delle regole nazionali per gli utenti.

Pensione e indennità. Qualche esempio: per le persone con disabilità grave, l’Isee prevede che non siano inseriti nel conteggio dei redditi Indennità di accompagnamento e pensione di invalidità, che quindi non possono essere richiesti per la compartecipazione al servizio. Il Comune di Torino, invece, li richiede e le persone con disabilità ricoverate pagano tutto l’importo dell’indennità di accompagnamento e quello della pensione, salvo una minima quota personale (100-150 euro al mese) per le spese personali.

l’Isee nazionale vieta di inserire nei redditi disponibili delle persone con disabilità l’importo
di Indennità di accompagnamento e pensione. Il Comune di Torino, invece, li considera redditi.

“Risparmi con i nostri soldi”. La beffa più grande si è consumata nel 2020 quando – a seguito della causa di un utente dell’Utim e dell’attività di consulenza dell’associazione – la sentenza 52 del 2020 dell Corte costituzionale ha aumentato da meno di 300 a oltre 600 euro la pensione per tutti gli invalidi civili totali. A Torino quell’aumento non è andato nemmeno per un euro a favore delle persone ricoverate: l’ha assorbito tutto la retta di ricovero calcolata dal Comune con i suoi criteri che non rispettano l’Isee. “L’amministrazione – dicono i soci dell’Utim che hanno contestato i conteggi del Comune – ha risparmiato tirando fuori i soldi dalle tasche delle persone con disabilità”.

Ricoverati in Rsa. C’è altro. La delibera dell’11 giugno 2012 regola anche la valutazione economica per i malati non autosufficienti ricoverati in Rsa. Per loro la discriminazione si può riassumere con lo slogan “la colpa della casa”. Per l’Isee nazionale il valore catastale dell’abitazione “conta” nell’Isee per una percentuale di poco più del 10 per cento (risultate di un calcolo tecnico esplicitato nella norma), tolta la franchigia di 52.500 euro. A Torino con una proprietà immobiliare del valore catastale superiore ai 51.645 euro (quasi tutte le unità immobiliari sforano questo valore), non viene corrisposta alcuna integrazione.Nè al proprietario di casa da 55.000 euro, nella quale magari vive il coniuge, nè a quello con l’immobile da 5 milioni. Alla faccia della presunta equità!

Quanto costa? Secondo le valutazioni degli uffici comunali – comunicate ieri dall’Assessore alla Commissione – applicare la normativa nazionale per le persone con disabilità ricoverate comporterebbe 1,5 milioni di euro in più di spesa per le casse comunali (ai quali probabilmente andrebbero aggiunte alcune centinaia di migliaia di euro per l’applicazione corretta ai malati non autosufficienti in Rsa). Briciole per un bilancio che pareggia oltre i 4 miliardi di euro. La decisione di violare il diritto si nasconde dietro risibili ragioni economche, ma è tutta politica. Ed è illegale.

“Una montagna di soldi” per Torino, ma non ce ne sono per le rette di malati e persone con disabilità.
(immagine dal sito del Corriere della Sera-Corriere Torino, 5 aprile 2022)

La resistenza. Alcune decine di associati all’Utim hanno contestato l’applicazione del regolamento comunale e hanno smesso di pagare, per gli importi non dovuti, le fatture delle strutture residenziali presso le quali vivono i propri famigliari. L’istanza richiama tutte le leggi in materia e comunica ai gestori di mandare le richieste di pagamento al Comune di Torino, come da applicazione corretta dell’Isee nazionale. Dopo sette anni di inadempienza del Comune nell’applicazione dell’Isee, una risposta degli utenti che prende lentamente piede. Sarà la volta buona del cambio di regolamento?