Rsa, Api Torino banalizza i maltrattamenti

Una «caccia alle streghe» condita da «generalizzazioni» e «conclusioni affrettate». In quattro parole Michele Colaci, presidente di Api Sanità Torino (Associazione piccole e medie imprese private), ha smontato i pesanti rilievi di Nas e Commissioni di vigilanza delle Asl che sono emersi in questi giorni rispetto a diverse strutture Rsa (o Residenze assistenziali ancor meno attrezzate dal punto di vista sanitario) del Piemonte.

Il settimanale Il mercoledì riporta la dichiarazione allarmata di Colaci e lo racconta, in un articolo online, «sconsolato» per i recenti controlli nelle Rsa e altre strutture residenziali. Funzioni che leggi e delibere prevedono in capo alle Asl come attività ordinaria, ma che – evidentemente – Colaci vive come una persecuzione nei confronti di attività che evidentemente si ritengono al di sopra di ogni sospetto.

Nas e Commissioni di vigilanza. Cosa volete che sia se nella Rsa La Giaccona di Castagneto Po (17 agosto 2022), i Nas hanno trovato malati abbandonati e non curati, sono stati denunciati un’infermiera, il direttore sanitario e il legale rappresentante perché un’anziana era disidratata e in stato di grave infezione per ferite da decubito non curate.

Cosa volete che sia se nel corso degli accertamenti sono stati sequestrati «anche 91 dispositivi medici (pinzette sterili, bende, siringhe monouso e cannule) rinvenuti scaduti di validità», una situazione inaccettabile in qualsiasi contesto, che rischia di passare – nelle dichiarazioni dei critici alla Colaci – per un pervicace puntiglio dei Carabinieri deputati al controllo.

Un controllo dei Nas nelle Rsa. Quelli dell’estate 2022 hanno rilevato 70 strutture irregolari (su 350)
e contestato 127 sanzioni penali e amministrative

Cosa volete che sia se la Commissione di vigilanza dell’Asl To5 (verbale del 25 luglio 2022) durante il sopralluogo nella Rsa San Matteo di Nichelino ha segnalato che la struttura non rispetta le regole regionali, essendo strutturata in nuclei da 30 posti, anziché da 20 (con tutte le conseguenze a sfavore dell’utente e della sua presa in carico e a favore di una riduzione del personale impiegato – calcolato sul numero dei nuclei – che Colaci non può non conoscere). Che la struttura, inaugurata cinque anni fa, non ha mai attivato il previsto Centro diurno, cioè che ha aperto garantendo sulla carta e negli accordi con le istituzioni servizi che non sono mai stati realizzati.

Cosa volete che sia se per 97 pazienti sono presenti di giorno in tutta la struttura 2 o 3 Oss assieme a 2 o 3 infermieri (1 Oss e 1 infermiere ogni 30 degenti). Nessun medico. E pazienza se la commissione segnala che «il passaggio del Medico di medicina generale risulta in generale lacunoso»

E infine, cosa volete che sia, davvero, se la Commissione ha trovato una paziente con «pannolone sporco, oltre ad un’ulcera a livello sacrale non ben coperta, non correttamente medicata. L’ospite lamenta forte bruciore a livello uretrale/vulvare. Su richiesta della Commissione di vigilanza viene cambiato il pannolone di detta Sig.ra e l’Oss in turno (1 per tutto il nucleo al mattino e 1 al pomeriggio) procede ad una pulizia sommaria e con atteggiamento poco empatico nei confronti dell’ospite».

La Rsa San Matteo di Nichelino (Torino), gestita dal gruppo Gheron. La commissione di vigilanza della locale Asl
ha rilevato irregolarità, servizi mai attivati (centro diurno), una paziente sporca e non correttamente medicata.

Fin qui la cronaca recente, banalizzata – non si può dire altro – da chi qualifica i fatti eposti come «caccia alle streghe». Tuttavia, come inquadrare le affermazioni di Michele Colaci nel più vasto panorama del settore sanitario e delle strutture socio-sanitarie? Consigliamo uno sguardo al passato prossimo, raccomandando di soffermarsi si tre passaggi rivelatori.

Primo. Smentire se stessi. Nelle numerose sedute della Cabina di Regia istituita dalla Città metropolitana di Torino e dalla Prefettura fino al 31 marzo 2022, Michele Colaci è stato uno dei più accesi e severi critici (meglio sarebbe dire «negazionisti») delle denunce contro la pratica della contenzione del Difensore civico della Regione Piemonte, Augusto Fierro. I rilievi sono pubblicati nella relazione del Difensore del marzo 2021, i cui risultati erano però già stati inviati alle istituzioni all’inizio del 2020. In sostanza, sostenne Colaci, il report pubblicato si riferiva a pochi casi, illegittimamente elevati a sistema.

Come per i maltrattamenti e la scarsa qualità delle strutture, la realtà è ben diversa. I dati fotografavano un utilizzo sistematico della contenzione meccanica (pazienti legati a letto o alle carrozzine in più dell’80 per cento delle strutture Rsa del Piemonte). Ma l’elemento sconcertante della questione, se messo in rapporto alle dichiarazioni di Colaci, era (ed è) che i numeri messi ordinatamente in fila dal Difensore Civico nella sua relazione erano ricavati niente meno che dai dati… forniti dai gestori stessi, in risposta ad un preciso questionario inviato dal Difensore civico stesso.

Delle due l’una: o mentirono tutti i gestori ed è vera la versione di Colaci, oppure scrissero il vero i gestori rispondendo al Difensore civico e il rappresentante di Confapi nega – non si capisce bene a che titolo e con quali contro-prove – le dichiarazioni di decine di suoi colleghi.

L’esterno della struttura La Giaccona di Castagneto Po (Torino) presso la quale i Nas hanno rilevato la presenza di una paziente disidratata e in grave stato di infezione. Denunciati il proprietario, il direttore sanitario e un’infermiera

Secondo. Strutture aperte. Il 18 maggio del 2021 Colaci partecipava ad una conferenza stampa con l’Assessore alla Sanità della Regione Piemonte Luigi Icardi e il Presidente della Regione Alberto Cirio in cui assicurò che più dell’80 per cento delle Rsa del Piemonte risultava aperta a ingressi esterni e che non c’era alcun problema di visite parenti.

Si trattò di una colossale bufala, smentita a più riprese dagli appelli delle associazioni di tutela dei diritti dei malati, dai parenti dei ricoverati (costretti ancora per mesi a restrizioni brutali della libertà e del diritto alla relazione dei loro cari malati), persino dalla intensa attività del Garante nazionale delle persone private della libertà personale, Mauro Palma, che negli ultimi due anni si è dovuto interessare non solo di carcerati richiusi negli istituti di pena per aver commesso reati, ma di innocenti ricoverati in Rsa (per dare la misura di quanto erano «aperte» le strutture e quanto non ci fosse un «problema visite» per i parenti dei ricoverati).

Proprio il 1° aprile 2021, Palma scriveva al Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e all’Assessore alla sanità, Luigi Icardi una nota formale in cui chiedeva «di intervenire in merito alle criticità rilevate nelle strutture regionali che insistono nel territorio regionale». Il garante ammoniva la Regione sul fatto che «il perdurare di situazioni di isolamento protratto per anziani e disabili ospiti nelle residenze non trova ragione d’essere – e quindi configurerebbe una compressione de facto della libertà del cittadino».

Parole pesanti, ma il 18 maggio per Colaci era già tutto finito. Le chiusure segnalate da parenti e associazioni? La negazione del diritto alla relazione dei malati con i propri cari? Probabilmente «generalizzazioni», «episodi elevati a sistema». Bastava crederci. E bastava – di lì a poche settimane – non dare il minimo conto al Rapporto del comitato nazionale Orsan, pubblicato il 30 giugno 2021, sulle modalità di accesso nelle Rsa nel quale veniva dimostrato che, senza distinzioni territoriali significative, in tutta Italia «almeno 8 Rsa su 10, con la complicità delle strutture regionali che dovrebbero vigilare, non rispettano le leggi e l’ordinanza messi a punto da Governo e Parlamento sulle aperture». Una percentuale non solo distante, ma addirittura inversa rispetto a quella data da Colaci un mese e mezzo prima.

Sulla conferenza stampa del 18 maggio e sui fatti di quelle ore, due elementi, meno noti ai più, vennero allora segnalati dalla Fondazione promozione sociale in un messaggio pubblico per permettere di collocare con più chiarezza le dichiarazioni del presidente Colaci (che comprendevano anche l’apprezzamento sull’operato della Regione Piemonte nella garanzia di ristori economici alle strutture).

Fin dal 2002, Colaci ha ricoperto incarichi di consigliere e poi di assessore nel comune di Rivalta in quota Forza Italia (dal 2019 è invece passato a Italia Viva), stesso partito del Presidente della Regione e parte della attuale maggioranza regionale. Inoltre, proprio in quei giorni (quelli attorno alla conferenza stampa) tre associazioni di rappresentanza dei gestori privati accreditati delle strutture Rsa – Anaste, Agidae e Uneba, che insieme rappresentano i gestori di circa 15mila dei 30mila posti letto Rsa del Piemonte – sostanzialmente annunciavano per la prima volta di non sentirsi rappresentate da portavoce di altri gestori nei rapporti con la Regione Piemonte e di sconfessare qualsiasi presunta presa di posizione comune.

A nome di quale «ottanta per cento» di strutture aperte parlava allora Michele Colaci? Potevano (e possono) le sue affermazioni essere considerate del tutto prive di parzialità visto il lungo trascorso partitico in una delle forze di governo della Regione?

Terzo. L’accordo regionale. Colaci – in rappresentanza di Confapi Sanità – è uno dei firmatari del protocollo d’intesa con la Regione Piemonte siglato il 10 maggio 2022. L’accordo non è stato sottoscritto da una consistente parte delle associazioni di categoria dei gestori, in primo luogo perché utilizza parte delle risorse delle convenzioni sanitarie per i malati non autosufficienti per concedere ai gestori risorse per compensare parte dell’aumento dell’inflazione.

MIchele Colaci (mentre firma) accanto agli assessori regionali
Marrone (Politiche sociali – Fratelli d’Italia) e Icardi (Sanità – Lega)

Come ha osservato l’Associazione nazionale strutture territoriali (Anaste) nella lettera ufficiale di diniego alla firma del protocollo (20 luglio 2022): «Se il finanziamento dell’adeguamento Istat dell’attuale piano tariffario avviene attingendo alle risorse economiche del nostro budget annuale di 268 milioni di euro, ciò vuol dire ridurre il numero di quote sanitarie complessive, ovvero, il venire meno di molteplici diritti esigibili individuali in capo ai cittadini piemontesi non autosufficienti e malati cronici, a cui corrispondono livelli essenziali di assistenza che secondo la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale non possono essere ridotti per esigenze di finanza pubblica».

L’accordo regionale ha un’unica preoccupazione: la diminuzione della spesa da parte della Regione. Non costituisce una garanzia per gli utenti, malati cronici non autosufficienti, di accesso alla prestazione corrispondente al loro bisogno di salute. Manca – e di questo sono corresponsabili i gestori che hanno firmato l’accordo – il coraggio del largo respiro e delle scelte a favore di utenti e strutture per le quali servirebbero poche, essenziali azioni: aumentare le convenzioni, erodere le liste di attesa, qualificare le Rsa anche attraverso aumenti (possibili da parte della Regione, senza aspettare provvedimenti nazionali) della percentuale della quota sanitaria sull’intera retta.

Ma la preoccupazione di alcuni gestori è, invece, quella di negare il problema o di gridare alla caccia alle streghe. Con l’accortezza di non disturbare il manovratore o il capo partito.


Questo contenuto è prodotto in esclusiva per il sito prospettiverivista.it. I contenuti sono utilizzabili liberamente, citando la fonte.

Abbonati a Prospettive – I nostri diritti sanitari e sociali
Vai alla pagina abbonamenti

L’abbonamento annuale comprende 4 numeri della rivista e decorre dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno. Per coloro che si abbonano in corso d’anno è garantito l’invio dei numeri arretrati.

Ordinario € 50
Sostenitore € 70
Promozionale € 100
Estero € 100
Socio Csa € 40